Sono innocente: Tre casi tragici - puntata del 15 aprile 2018

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Sono innocente: Tre casi tragici
Puntata del 15 aprile 2018

La storia di apertura è consacrata al dramma di Domenico Morrone, pescatore tarantino di ventisette anni, che nel 1991 viene imputato del delitto di 2 giovani minorenni all’uscita di una scuola. Tutte le piste conducono a lui, per gli investigatori Morrone ha un movente fortissimo: avrebbe agito per vendicarsi di un affronto che uno dei 2 giovani gli aveva fatto. Viene in questi modo condannato a ventun anni di detenzione. Ne serviranno 15, congiuntamente alla dichiarazione di 2 pentiti e a 5 domande di revisione di processo per mostrare la sua incolpevolezza. Morrone abbandonerà la prigione di Taranto solo nel 2006, all’età di 42 anni.

La trasmissione va avanti con la storia surreale di Stefano Messore. Dopo il terremoto estivo 2016 che ha rovinato il centro del nostro Paese, davanti alle immagini drammatiche trasmesse dalle televisioni, Stefano prende la scelta di arrivare a essere d'aiuto alle popolazioni necessitate. Stefano è un ex paracadutista del Folgore, da molti anni impegnato nel volontariato. Affitta un furgoncino, lo riempie di cibo, vestiario, giocattoli e con un amico va ad Amatrice. Prende a scavare, contribuisce all'assemblamento delle tendopoli. Il tre settembre del 2016, di ritorno al campo base di Acqua Santa Terme, trova gli uomini dell'arma ad attenderlo. L'imputazione è gravissima: sciacallaggio. 50 Giorni di prigione, dieci mesi di arresti domiciliari, la perdita del lavoro prima di arrivare all’assoluzione per non aver commesso il fatto.

L’ultima storia narra la triste vicenda di Aldo Scardella, che nel 1985 a soli venticinqueanni, viene imputato dell’delitto del titolare di un piccolo market di liquori nel corso di un tentativo di furto. La banda si compone di tre persone, ma ne viene arrestata una sola: Aldo Scardel per l'appunto. Il tutto getta le proprie fondamenta sul fatto che nei pressi del palazzo dove abita viene ritrovato uno dei passamontagna usati dai banditi e sulle dichiarazioni di alcuni, che nei giorni anteriori lo avrebbero visto nei pressi del locale rapinato. Aldo passa quasi sei mesi tra le sbarre in regime di totale isolamento, senza l'eventualità di incontrare i suoi avvocati e i suoi famigliari. Aldo riesce sempre meno a reggere all'afflizione per l’prevaricazione subita e a farsi carico dei problemi della vita carceraria tanto da impiccarsi nella sua cella il 2 luglio del 1986. Prima di suicidarsi abbandona un biglietto con poche righe che si concludono con 2 facili parole: "Muoio innocente".

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